domenica 9 novembre 2008

Senigallia: IL LUNGOMARE E’ DI TUTTI, RINNOVARLO SI, SMANTELLARLO NO.

Il lungomare è di tutti, cittadini e turisti, rinnovarlo per renderlo sempre più accogliente e capace di intercettare un numero crescente di turisti è senz’altro giusto, anzi siamo di fronte ad un colpevole ritardo nell’adottare misure adeguate ed efficaci; ma smantellarlo e spezzettarlo per farne oggetto di una sorta di “strisciante” privatizzazione in danno della collettività e degli operatori turistici esistenti, a vantaggio esclusivo di pochi ristretti interessi ed egoismi speculativi no, questo no. E’ giunto allora il momento di consentire ai cittadini di esercitare il loro inalienabile diritto di intervenire, e farsi ascoltare, sulle principali questioni civiche.
Contesto innanzitutto la filosofia di fondo che sta alla base dei Piani d’Area proposti dalla Giunta comunale, in specie quello delle ex colonie marine sul lungomare L. da Vinci, ma anche il cosi detto "ecogate": l’idea che il litorale di Senigallia possa essere frantumato, interrompendo cosi la lunga linea continua della Via pubblica del Lungomare è, sotto ogni aspetto, pura follia oltre ad essere una falsa idea di modernità e di innovazione.
E’ innanzitutto una follia architettonica e storico culturale. La lunga linea continua del nostro lungomare, ben 14 km, proprio per tale ragione, costituisce il moderno “cardo massimo” della città che insieme all’asta fluviale del Misa, autentico “decumano massimo”, caratterizzano e distinguono Senigallia in maniera originale, come una sorta di castra urbana decentrata che rende la nostra città una realtà unica nel contesto delle città adriatiche. Interrompere il moderno cardo massimo (il lungomare), spezzettarlo, significa non solo indebolire ma cancellare i caratteri urbani distintivi e oggi anche fondativi di Senigallia. Sarebbe come se all’epoca della pedonalizzazione del centro storico avessimo, per questo, trasformato pezzi di Corso II giungo in aree a verde attrezzato. Anche con il prefisso “eco” le grandi speculazioni edilizie che distruggono i tratti urbani distintivi di una città restano pur sempre delle speculazioni.
E’ una follia economica, perché trasformerà parti importanti del nostro litorale nella direzione di una economia turistica chiusa, destinata ad esaurirsi nel breve volgere di una moda o di una stagione, senza un’effettiva capacità di attrarre flussi turistici significativi ed aggiuntivi rispetto agli attuali, parte dei quali anzi rischiano di essere infastiditi ed allontanati. D’altra parte non ci si può non interrogare, in un momento di grave crisi delle condizioni finanziare ed occupazionali delle famiglie, sul destino delle aree in particolare di quelle demaniali. Qual è la scelta del comune sulle aree demaniali: si cercherà di utilizzarle in favore dell’insediamento di nuove attività turistiche ed economiche capaci di dare lavoro a nuove famiglie, a giovani operatori turistici, e di consolidare e sostenere gli operatori turistici esistenti nel quadro di un progetto di forte rinnovamento condiviso del lungomare, quindi nel senso di una crescita del benessere complessivo della collettività senigalliese o invece la Giunta comunale ridurrà le istituzioni pubbliche ad una sorta di “agenzia immobiliare” dedita alla facilitazione della trasformazione speculativa di tutte le aree demaniali ad opera di questo o quel danaroso costruttore?
E’ una follia civica ed urbanistica, perché denota che l’attuale amministrazione ha una concezione proprietaria della cosa pubblica. Dubito fortemente che se nel programma dell’attuale sindaco ci fosse stato scritto a chiare lettere che avrebbe eliminato e smantellato lunghi tratti del nostro lungomare, ella avrebbe ottenuto lo stesso risultato elettorale. Siamo di fronte a tentativi di trasformazione del tessuto urbano di una rilevanza eccezionale e dalle ricadute fortemente negative, culturali economiche ma anche di impatto ambientale viabilistico e di qualità della vita dei cittadini, prive della ben che minima legittimazione democratica. Non solo, si pretende anche di farli passare come semplici studi o Piani d’Area, mentre sono a tutti gli effetti delle Varianti urbanistiche sostanziali al piano regolatore vigente; impedendo cosi al cittadino di poter esercitare quella facoltà che sta alla base del diritto urbanistico moderno, cioè il diritto all’osservazione urbanistica. Privato il cittadino di questo esercizio, anche la dove è obbligatorio, il piano regolatore cessa di esistere e diventa potere discrezionale del più forte, “cosa tra privati” anche quando si tratta di cosa pubblica, ma questo è inaccettabile in uno stato di diritto.
Senigallia lì 07/11/2008
Luciano Chiappa

mercoledì 5 novembre 2008

Novembre, andiamo è tempo di ....


In questo periodo parte la raccolta delle olive che, una volta frante, daranno vita ad uno dei più importanti podotti che la Terra abbia mai donato all'umanità. Non parleremo dell'importanza dell'Olio di oliva (extravergine, ovviamente) in quato confidiamo sia nota a chiunque.

Ci occuperemo, invece, dell'aspetto più problematico: lo smaltimento delle acque reflue. Un problema di grande serietà in genere sottaciuto e sul quale vige molta omertà. La qualità delle acque di vegetazione dipende dal metodo di produzione. In genere hanno una forte carica inquinante legata all’elevato contenuto di sostanze organiche, all’acidità (pH 4,8-5) e alla ricchezza in sali minerali e in prodotti fenolici.

Si pone quindi il problema del loro smaltimento, vista l’impossibilità di un loro adeguato trattamento nei depuratori urbani. La legge vigente L. 574/96 consente lo spandimento controllato delle acque di vegetazione su terreni adibiti ad usi agricoli.

I limiti sono stabiliti in 50 m. cubi/ha/anno per le acque provenienti da frantoi a ciclo tradizionale e 80 per quelle da impianti a ciclo continuo. Lo spandimento è subordinato alla presentazione al sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario, agrotecnico o geologo.

I Sindaci dovrebbero controllare; il dubbio è che ciò non avvenga; i Gre delle Marche invitano le Autorità a predisporre i controlli e gli amici ad attivarsi per sensibilizzare chi di dovere ad adempiere al dovere di controllo. Soprattutto per i terreni non pianeggianti in cui, pur spandendo in modo regolare, il fenomeno di percolamento e conseguente aumento di concentrazione a valle è difficilmente risolvibile.

Non vorremmo che l'incipit chiudesse con: “... è tempo di inquinare.” Proprio non se ne sente il bisogno.

I Gruppi di Ricerca Ecologica delle Marche guardano con vivo interesse a quei progetti per il trattamento delle acque reflue, in particolare a quelli che consentono il recupero dei polifenoli antiossidanti utilizzabili in ambito cosmetico, alimentare, farmaceutico.

Grazie a tutti coloro che vorranno collaborare.